giovedì 11 marzo 2010

La magia della madeleine


" (...) un giorno d'inverno, rientrando a casa, mai madre, notando che avevo freddo, mi propose di bere, cosa che non mi era consueta, una tazza di tè.Inizialmente rifiutai, ma poi non so perché, cambiai idea. Ella mandò a cercare uno di quei dolcetti corti e tondi che si chiamano piccole madeleine e che sembrano essere stati stampati nella valva scanalata di una conchiglia. E quindi, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla prospettiva di un domani triste, portai alle labbra un cucchiaio di tè nel quale avevo lasciato inzupparsi un pezzo di madeleine. Nel momento stesso in cui il sorso misto di briciole del dolcetto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto di straordinario accadeva in me. Mi aveva invaso un piacere delizioso, isolato, della cui causa non avevo idea.Nel contempo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, nello stesso modo in cui l'amore opera colmandomi di un'essenza preziosa: o meglio questa essenza non era in me, essa era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente e mortale. Da dove poteva essermi giunta tale potente gioia? Sentivo che era collegata al gusto del tè e del dolcetto, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. (...) E tutt'a un tratto il ricordo è apparso davanti a me.Il sapore, era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray ( perché nei giorni di festa non uscivo di casa prima dell'ora della messa) , quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Léonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè o tiglio.(...) Dal momento in cui riconobbi il gusto del pezzo di madeleine inzuppato nel tiglio che mi dava mia zia , subito (benché non sapessi ancora - e dovessi rimandare a ben più tardi il momento della scoperta - perché quel ricordo mi rendesse tanto felice) la vecchia casa grigia sulla strada, di cui faceva parte la sua camera, venne come uno scenario di teatro a saldarsi al piccolo padiglione che dava sul giardino e costruito sul retro per i miei genitori (...) e, insieme alla casa, la città, da mattina a sera e con ogni sorta di tempo, la piazza dove mi mandavano prima di pranzo, le vie dove facevo qualche commissione, le strade percorse quando il tempo era bello. (...) così, ora, tutti i fiori del nostro giardino, e quelli del parco di casa Swann, e le ninfee della Vivonne, e la brava gente del villaggio e le loro piccole abitazioni e la chiesa e tutta Combray e la campagna circostante, tutto questo che sta prendendo forma e solidità è uscito, città e giardini, dalla mia tazza di tè."

M. Proust, Dalla parte di Swann

La mia folgorazione fu simile a quella di Monsieur Proust. La prima madeleine che assaggiai era posata su un piattino di ceramica bianco, decorato con piccoli fiori cerulei. La vestaglia di mia madre era lilla e di seta, cangiante nella luce calda della cucina. Mi porse il piattino con un sorriso.

Ogni volta che mangio una madeleine, si scioglie nella mia bocca un tripudio di burro e infanzia ritrovata.

Per chi volesse rivivere sensazioni simili:

150 gr. di burro

200 gr. di farina

200 gr. di zucchero

1 cucchiaino di lievito

1 pizzico di sale

6 uova fresche

scorza di limone grattuggiata

Far sciogliere il burro a fuoco molto basso e lasciarlo raffreddare. In una scodella sbattere i tuorli d'uovo (conservando gli albumi) e 100 gr. di zucchero con un pizzico di sale, fino ad ottenere una spuma. Aggiungere il burro fuso e la scorza di limone e mescolare. Aggiungere la farina a pioggia e il lievito. Mescolare con un cucchiaio di legno, pian piano, con movimenti dal basso verso l'alto. Riscaldare il forno a 180° C. Montare gli albumi delle uova a neve, versarvi a pioggia il resto dello zucchero e continuare a montare il composto finché non diventa ben sodo. Incorporarlo quindi alla pasta. Suddividere nelle forme da madeleine dopo averle imburrate. Cuocere per quindici minuti.

Nessun commento:

Posta un commento