martedì 9 marzo 2010

Fanny e Alexander nel museo d'anatomia


Questa notte ho sognato ripetutamente scena di uno spettacolo che ho visto a novembre, There's no place like home, di Fanny & Alexander.

Specchi intagliati con scritto HOME, luci azzurrine e colonne dietro cui nascondersi o sostenersi.

Fanny & Alexander sono un gruppo teatrale alquanto particolare, che muove i suoi primi passi negli anni Novanta; già dagli esordi si distinguono per una visionarietà mutuata da temi colti e miti infantili: anzitutto il nome, che evoca Bergman, ma anche il doppio, la coppia, siano essi fratelli (come Fanny e Alexander in Bergman) o fratelli-amanti (come Ada e Van Veen).

Per il loro primo spettacolo, Ponti in core, fu costruito un teatrino ellittico, che riprendeva la struttura dei teatri anatomici, capace di ospitare non più di venti persone per volta, attorno alla storia di Cipresso e Dorotea. Ci fu in seguito uno spettacolo su Alice nel Paese delle Meraviglie, che aprì una riflessione sul linguaggio che dura ancora adesso: Carroll e Nabokov si fondono, nelle loro birichinate linguistiche, con la delicata, ma conturbante sessualità delle ninfette di Balthus e gli enigmi perfettamente orchestrati di Magritte.

Fanny & Alexander hanno dedicato ben sei spettacoli al romanzo di Nabokov, che si dipanano in un infinito indefinito di immagini, suoni, particolari, odori alternativamente delicati e incisivi. Hanno anche pubblicato un libro di enigmi linguistici, intitolato Ada, romanzo teatrale per enigmi in sette dimore, summa della visionarietà del loro lavoro. Il libro contiene Scrabbles[1], Rebus, Crittografie mnemoniche, crittografie semplici e sinonimiche, anagrammi, sciarade e frasi doppie e palindromi. Mettono in scena scomposizioni linguistiche attuate in modo chirurgico.

Il 28 novembre 2009, Fanny & Alexander ha messo in scena uno spettacolo, dal titolo There's no place like home, liberamente ispirato al Mago di OZ, nel Museo d'anatomia umana di Modena, con opere di Beatrice Pasquali. L'artista ha creato dei piani con ruote, che conducono per la sala gli arti in cera che vi sono montati sopra: le protagoniste trascinano per la stanza mani, gambe, petti come fossero i loro giochi. In più, è presente, al centro della sala, un tavolo da dissezione anatomica in legno, originale, per cui l'artista ha creato un piano identico, nero, che ospita un giradischi e una sezione d'occhio in legno.

Le teche della sala contengono cervelli disseccati, polmoni conservati in formalina, scheletri di feti, due scorticati disseccati con i vasi sanguigni, alcuni muscoli ed il cuore ormai nero ancora conservati.

Dorothy entra nella sala silenziosa; indossa un vestito azzurro disegnato da Monica Bolzoni, così come le scarpette rosse con un fiocco di paillettes argentee, che catturano immediatamente lo sguardo. Nel centro della sala sono sospesi due specchi, su cui la ragazza scrive HOME; subito dopo, fa suonare un disco e balla attorno alla sala, i tacchi delle scarpe fanno un rumore secco, ripetitivo, scomposto. Non riesce a fermarsi, sembra posseduta dalle scarpette rosse. Quando la musica cessa, Dorothy esce dalla stanza per lasciar entrare nel buio otto ragazze, inizialmente illuminate solo da una lucina montata sulle opere di Beatrice Pasquali, che vengono trascinate nella stanza. L'ispirazione che sta alla base delle opere create per lo spettacolo riprende l'idea di corpo smontabile, di bambola con gli arti intercambiabili; l'artista ha osservato diverse immagini, tra le quali il Cristo deriso di Beato Angelico nel Convento di San Marco a Firenze, che raffigura delle mani mozzate dalle braccia. Il legno su cui sono montate le opere è di foggia antica, così come le etichette adesive da catalogazione museale che spiccano sul nero della tavola; l'opera di Beatrice Pasquali diventa così un tutt'uno con la scenografia, cioè la sala del Museo d'anatomia.

Tutte le ragazze calzano scarpe dai tacchi altissimi e sono vestite in modo pressoché uguale, con calzamaglie e reggiseni dai colori che spaziano dal rosa carne, al beige, al cipria. Hanno tutte, come Dorothy, delle lunghe trecce castane ed una frangetta. Tutte sono Dorothy.

Si muovono ritmicamente, concentrate sulle loro scarpe, usandole come strumenti musicali, essendone possedute. Singhiozzano mentre cercano di non cadere, vittime di una danza spasmodica e dolorosa, sbattono violentemente le scarpe sul pavimento, ripetendo : "THERE'S NO PLACE LIKE HOME!", ricreano una marcia attraverso il rumore del tacco in legno sul pavimento, si alzano pian piano e cercano di afferrare qualcosa a noi invisibile, forse la mongolfiera del Mago di Oz che si libra nell'aria.

Un'ultima ragazza fa il suo ingresso da sola, cercando invano di non far capire al pubblico che le scarpette la controllano, appoggiandosi alle colonne che scandiscono lo spazio della sala in una disperata ricerca d'equilibrio e autonomia.

"Queste scarpette rosse hanno un potere magico. Una delle cose più straordinarie che hanno è che possono trasportarti in qualsiasi luogo del mondo in tre soli gesti, e ogni gesto avverrà in un batter d'occhio. Tutto quel che devi fare è battere i talloni uno contro l'altro per tre volte, e ordinare alle scarpette di portarti dove desideri."

Sembra quasi che le loro scarpette siano difettate e non funzionino come dovrebbero.

Monica Bolzoni ha collaborato con Vanessa Beecroft a diversi progetti dell'artista milanese, creando dei costumi che sono stati ripresi per le Dorothy di Fanny & Alexander: veli di cipria che rivestono la carne cercando di proteggerla con delicatezza. Anche il jersey rosso delle scarpette era stato utilizzato per la performance VB20 a Philadelphia del 1996. Dorothy, secondo la stilista, esisteva già anni fa nelle ragazze della Beecroft.

Nel libro-opera che accompagna lo spettacolo, troviamo diverse associazioni d'immagini: Judy Garland, cristallizzata nel suo ruolo di Dorothy, con le scarpette rosse di Monica Bolzoni; Dorothy e i suoi doppi nella stanza del museo archeologico di Sarsina, abbinate ad una fotografia della piccola Alice Liddell scattata dal l'adorante Carroll, la delicatezza del profilo seppia che rapisce lo sguardo; un disegno di Bellmer, che sembra rappresentare un sesso femminile deformato, accompagnato dalla medesima fotografia delle Dorothy, così come un conturbante quanto acerbo nudo di Balthus; l'ultima fotografia abbina le scarpette calzate da Dorothy e il suo vestito blu alla donna-casa di Louise Bourgeois, come per sottolineare che davvero There's no place like home. E noi siamo la casa.


[1] S. Bartezzaghi, Ada palindroma(all'Eros è sorella), in Ada,romanzo teatrale per enigmi in sette dimore, Ravenna, 2006, p.18."[...] Lo scrabble, ovvero il cruciverba in fieri e in forma di gioco da tavolo. L'archeologia dello scrabble è nella combinatoria e nell'atomismo, fra i suoi precursori si annovera - ovviamente - Lewis Carroll, nel suo funzionamento riscontriamo la semplice manipolazione degli alfabetieri scolastici.Ma mentre il tipografo parte dalla parola e trova le lettere per comporla [...] il giocatore di scrabble parte da una manciata di lettere e deve trovare una parola che potrebbe anche non esserci, o che essendoci potrebbe anche risultare inesistente (come Ada con scient). Prima di essere un cruciverbista il giocatore di scrabble è un anagrammista: prima di disporre le sue sequenze nella griglia dove incroceranno le altre sequenze, deve costruirle".

Laura Brignoli© Tutti i diritti riservati. Proibito scaricamento ed utilizzo senza autorizzazione scritta.

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