martedì 23 marzo 2010
lunedì 22 marzo 2010
sabato 20 marzo 2010
art to cut out
mercoledì 17 marzo 2010
Scent of Norfolk.
I'm in love with this cake.
Lavender Pound Cake
2½ cups all-purpose flour
2 tsp. vanilla extract
½ tsp. baking soda
4 eggs
½ tsp. salt
1cup sour cream
2 cups sugar
¼ cup milk
1 tbsp. dried lavender flowers
Drizzle: (see Note)
¼ cup water
1 cup (2 sticks) unsalted butter,
1 tbsp. dried lavender flowers softened
¾ cup sugar
1. Preheat oven to 350°F. Grease and flour two 8½ x 4½ x 2⅝-inch loaf pans.
2. Mix flour, baking soda and salt in medium-size bowl. Pulse ½ cup of the sugar
with the lavender in a food processor until the lavender is ground.
3. In a large bowl, beat butter, lavender-flavored sugar, remaining 1½ cups sugar
and vanilla until fluffy, 3 minutes. Beat in eggs, one at a time, beating well after
each. In a small bowl, combine sour cream and milk. On low speed, alternately
beat in flour mixture with sour cream mixture in 3 additions, beginning and
ending with the flour. Divide between pans.
4. Bake at 350° for 55 minutes or until tester comes out clean. Cool on rack 10
minutes. Remove cakes from pans and let cool completely.
5. Drizzle: Microwave water and lavender for 30 seconds on high power. Let steep
5 minutes. Strain out lavender flowers and discard.
6. Once cake is cool, whisk together 4 teaspoons of the lavender water with the
confectioner’s sugar. Drizzle over both loaves. Slice and serve.
Harvest lavender on a dry morning when a few flower buds are just beginning
to open. Wrap small bunches with a rubber band and hang out of direct sunlight.
Once dry, rub the flowers off the stalks and store in an airtight container. Make sure
that you’re not storing any flowers that are moldy or wet.
Alice in Wonderland syndrome
I actually think i can suffer of it...But only on odd days.
The name “Alice in Wonderland” syndrome was coined by Todd in 1955 to describe the phenomena of micro- or macrosomatognosia, i.e. altered perceptions of body image,which had first been described by Lippman in the context of migraine some years earlier. It has subsequently been suggested that Dodgson’s own experience of migraine, recorded in his diaries, may have given rise to his descriptions of Alice’s changes in body form, so graphically illustrated in Alice’s Adventures in Wonderland by Sir John Tenniel. These have been interpreted as somesthetic migrainous auras. However, Blau has challenged this interpretation on chronological grounds, finding no evidence in Dodgson’s diaries for the onset of migraine until after he had written the Alice books. Moreover, migraine with somatosensory features is rare,and the diaries have no report of migraine- associated body image hallucinations. Podoll & Robinson have discovered an earlier drawing by Dodgson suggesting that he did in fact suffer migraine aura symptoms before writing the Alice books, but the illustration suggests a right paracentral negative scotoma rather than micro- or macrosomatognosia.
Other conditions may also give rise to the phenomena of micro- or macrosomatognosia, including epilepsy, encephalitis, cerebral mass lesions, schizophrenia, and drug intoxication. It may be speculated that the latter is relevant to Alice since her experiences occur after drinking
from a phial (“DRINK ME”) and after eating cake (“EAT ME”).
Andrew Larner is the editor of
our Book Review Section.He is
a Consultant Neurologist at the
Walton Centre for Neurology
and Neurosurgery in Liverpool,
with a particular interest in
dementia and cognitive disor-
ders.
The pdf of the entire article: http://www.acnr.co.uk/pdfs/volume4issue6/v4i6history.pdf
martedì 16 marzo 2010
Pouring tea.
lunedì 15 marzo 2010
Madeleines au tilleul and egg cups...
Amplified Proust.
for 30 madeleines:
flour 150g
sugar 180g
butter 150g
eggs 3
1 lemon peel
baking powder, one spoon and 1/2
dried and minced lime blossom flowers, 2 spoons
Mash all ingredients together, and leave the dough to settle for two hours. Fill the madeleines moulds and bake for 15 minutes half turn.
Yesterday i found the silver egg cup i used when i was two...It has a little bump on the cover.
I remember throwing it on the floor because i didn't wanted to eat the egg anymore.
My Proustian memories are everyday stronger...
Albertine, crystallized in a ceramic figure smiles at me, holding Monsieur Marcel's reading glasses.
domenica 14 marzo 2010
Old times.
sabato 13 marzo 2010
"Shrieks like mandrakes' torn out of the earth."
"Go and catch a falling star
Get with child a mandrake root
Tell me where all past years are,
Or who cleft the devil's foot..."
John Donne
Mandragora (that belongs to the Nightshades family- Solanaceae) has always been my favourite plant.
When i was a child i wanted to be a witch. I also had a little witchcraft handbook... There were many recipes with mandarake root and i always wished i had a mandrake in my garden.
Witches also used the root to sculpt their magistrellus, a lucky charm.
Now i'm in love with a mandrake doll.
"...Not poppy, nor mandragora,
Nor all the drowsy syrups of the world,
Shall ever medicine thee to that sweet sleep
Which thou owedst yesterday."
Shakespeare, Othello.
venerdì 12 marzo 2010
The happiness recipe for a couple to me is...
giovedì 11 marzo 2010
La magia della madeleine
" (...) un giorno d'inverno, rientrando a casa, mai madre, notando che avevo freddo, mi propose di bere, cosa che non mi era consueta, una tazza di tè.Inizialmente rifiutai, ma poi non so perché, cambiai idea. Ella mandò a cercare uno di quei dolcetti corti e tondi che si chiamano piccole madeleine e che sembrano essere stati stampati nella valva scanalata di una conchiglia. E quindi, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla prospettiva di un domani triste, portai alle labbra un cucchiaio di tè nel quale avevo lasciato inzupparsi un pezzo di madeleine. Nel momento stesso in cui il sorso misto di briciole del dolcetto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto di straordinario accadeva in me. Mi aveva invaso un piacere delizioso, isolato, della cui causa non avevo idea.Nel contempo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, nello stesso modo in cui l'amore opera colmandomi di un'essenza preziosa: o meglio questa essenza non era in me, essa era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente e mortale. Da dove poteva essermi giunta tale potente gioia? Sentivo che era collegata al gusto del tè e del dolcetto, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. (...) E tutt'a un tratto il ricordo è apparso davanti a me.Il sapore, era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray ( perché nei giorni di festa non uscivo di casa prima dell'ora della messa) , quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Léonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè o tiglio.(...) Dal momento in cui riconobbi il gusto del pezzo di madeleine inzuppato nel tiglio che mi dava mia zia , subito (benché non sapessi ancora - e dovessi rimandare a ben più tardi il momento della scoperta - perché quel ricordo mi rendesse tanto felice) la vecchia casa grigia sulla strada, di cui faceva parte la sua camera, venne come uno scenario di teatro a saldarsi al piccolo padiglione che dava sul giardino e costruito sul retro per i miei genitori (...) e, insieme alla casa, la città, da mattina a sera e con ogni sorta di tempo, la piazza dove mi mandavano prima di pranzo, le vie dove facevo qualche commissione, le strade percorse quando il tempo era bello. (...) così, ora, tutti i fiori del nostro giardino, e quelli del parco di casa Swann, e le ninfee della Vivonne, e la brava gente del villaggio e le loro piccole abitazioni e la chiesa e tutta Combray e la campagna circostante, tutto questo che sta prendendo forma e solidità è uscito, città e giardini, dalla mia tazza di tè."
M. Proust, Dalla parte di Swann
La mia folgorazione fu simile a quella di Monsieur Proust. La prima madeleine che assaggiai era posata su un piattino di ceramica bianco, decorato con piccoli fiori cerulei. La vestaglia di mia madre era lilla e di seta, cangiante nella luce calda della cucina. Mi porse il piattino con un sorriso.
Ogni volta che mangio una madeleine, si scioglie nella mia bocca un tripudio di burro e infanzia ritrovata.
Per chi volesse rivivere sensazioni simili:
150 gr. di burro
200 gr. di farina
200 gr. di zucchero
1 cucchiaino di lievito
1 pizzico di sale
6 uova fresche
scorza di limone grattuggiata
mercoledì 10 marzo 2010
The Chashire Cat and the tailless Cabbit...
A cabbit, a cabbit, a cat and a rabbit.
Can't mate. Did you think they can?
The scientists quail at hearing such tales
About tailless cats from Man!
Il Gatto del Cheshire popola il mio immaginario da tempi immemori, la folgarazione a cinque anni, quando mi regalarono Alice in Wonderland illustrato da John Tenniel. Ovviamente guardavo solo le immagini...Ho sempre voluto il Cheshire Cat come gatto domestico.
Jorge Luis Borges, nel suo Libro degli esseri immaginari, scrive di questi gatti misteriosi, parenti anche dei gatti di Kilkenny: " In inglese esiste l'espressione "grin like a Cheshire cat" ("sorridere sardonicamente come un gatto del Cheshire"). Sono state proposte varie spiegazioni. Una sarebbe che nel Cheshire si vendevano formaggi a forma di gatto che ride. Un'altra che, siccome il Cheshire è una contea palatina o un earldom, tale distinzione nobiliare avrebbe provocato l'ilarità dei gatti. Un'altra ancora che un certo Caterling, guardaboschi al tempo di Riccardo III, sorrideva ferocemente quando si batteva con i bracconieri. Nel romanzo onirico Alice in Wonderland, pubblicato nel 1865, Lewis Carroll concesse al gatto del Cheshire il dono di scomparire gradualmente fino a non lasciare altro che il sorriso, senza denti e senza bocca. Dei gatti di Kilkenny si dice che litigassero furiosamente e si divorassero lasciando solo le code. Il racconto è del Settecento."
Sembra che in Inghilterra esistano diverse specie di gatto quasi mitologiche. Virginia Woolf, nel libro Una stanza tutta per sé, riferisce di un certo gatto dell'isola di Man : " (...) fui costretta a giustificare la mia risata indicando il gatto dell'isola di Man, il quale in verità appariva davvero un po' assurdo, povera bestia, senza la coda, nel bel mezzo del prato. Era davvero nato così oppure aveva perso la coda in un incidente? Il gatto senza coda è più raro di quanto non si creda, nonostante si dica che alcuni esistono nell'isola di Man. È un animale bizzarro, più originale che bello. È strano quanto una coda possa fare differenza."
Nella sua pubblicazione An Historical and Statistical Account of the Isle of Man, del 1854, John Train descrive l'esistenza di un cabbit, un incrocio tra una gatta e un coniglio, suggerendo che la mamma era un Manx.
Se non troverò un Cheshire Cat, adotterò un Manx.
martedì 9 marzo 2010
Fanny e Alexander nel museo d'anatomia
Questa notte ho sognato ripetutamente scena di uno spettacolo che ho visto a novembre, There's no place like home, di Fanny & Alexander.
Specchi intagliati con scritto HOME, luci azzurrine e colonne dietro cui nascondersi o sostenersi.
Fanny & Alexander sono un gruppo teatrale alquanto particolare, che muove i suoi primi passi negli anni Novanta; già dagli esordi si distinguono per una visionarietà mutuata da temi colti e miti infantili: anzitutto il nome, che evoca Bergman, ma anche il doppio, la coppia, siano essi fratelli (come Fanny e Alexander in Bergman) o fratelli-amanti (come Ada e Van Veen).
Per il loro primo spettacolo, Ponti in core, fu costruito un teatrino ellittico, che riprendeva la struttura dei teatri anatomici, capace di ospitare non più di venti persone per volta, attorno alla storia di Cipresso e Dorotea. Ci fu in seguito uno spettacolo su Alice nel Paese delle Meraviglie, che aprì una riflessione sul linguaggio che dura ancora adesso: Carroll e Nabokov si fondono, nelle loro birichinate linguistiche, con la delicata, ma conturbante sessualità delle ninfette di Balthus e gli enigmi perfettamente orchestrati di Magritte.
Fanny & Alexander hanno dedicato ben sei spettacoli al romanzo di Nabokov, che si dipanano in un infinito indefinito di immagini, suoni, particolari, odori alternativamente delicati e incisivi. Hanno anche pubblicato un libro di enigmi linguistici, intitolato Ada, romanzo teatrale per enigmi in sette dimore, summa della visionarietà del loro lavoro. Il libro contiene Scrabbles[1], Rebus, Crittografie mnemoniche, crittografie semplici e sinonimiche, anagrammi, sciarade e frasi doppie e palindromi. Mettono in scena scomposizioni linguistiche attuate in modo chirurgico.
Il 28 novembre 2009, Fanny & Alexander ha messo in scena uno spettacolo, dal titolo There's no place like home, liberamente ispirato al Mago di OZ, nel Museo d'anatomia umana di Modena, con opere di Beatrice Pasquali. L'artista ha creato dei piani con ruote, che conducono per la sala gli arti in cera che vi sono montati sopra: le protagoniste trascinano per la stanza mani, gambe, petti come fossero i loro giochi. In più, è presente, al centro della sala, un tavolo da dissezione anatomica in legno, originale, per cui l'artista ha creato un piano identico, nero, che ospita un giradischi e una sezione d'occhio in legno.
Le teche della sala contengono cervelli disseccati, polmoni conservati in formalina, scheletri di feti, due scorticati disseccati con i vasi sanguigni, alcuni muscoli ed il cuore ormai nero ancora conservati.
Dorothy entra nella sala silenziosa; indossa un vestito azzurro disegnato da Monica Bolzoni, così come le scarpette rosse con un fiocco di paillettes argentee, che catturano immediatamente lo sguardo. Nel centro della sala sono sospesi due specchi, su cui la ragazza scrive HOME; subito dopo, fa suonare un disco e balla attorno alla sala, i tacchi delle scarpe fanno un rumore secco, ripetitivo, scomposto. Non riesce a fermarsi, sembra posseduta dalle scarpette rosse. Quando la musica cessa, Dorothy esce dalla stanza per lasciar entrare nel buio otto ragazze, inizialmente illuminate solo da una lucina montata sulle opere di Beatrice Pasquali, che vengono trascinate nella stanza. L'ispirazione che sta alla base delle opere create per lo spettacolo riprende l'idea di corpo smontabile, di bambola con gli arti intercambiabili; l'artista ha osservato diverse immagini, tra le quali il Cristo deriso di Beato Angelico nel Convento di San Marco a Firenze, che raffigura delle mani mozzate dalle braccia. Il legno su cui sono montate le opere è di foggia antica, così come le etichette adesive da catalogazione museale che spiccano sul nero della tavola; l'opera di Beatrice Pasquali diventa così un tutt'uno con la scenografia, cioè la sala del Museo d'anatomia.
Tutte le ragazze calzano scarpe dai tacchi altissimi e sono vestite in modo pressoché uguale, con calzamaglie e reggiseni dai colori che spaziano dal rosa carne, al beige, al cipria. Hanno tutte, come Dorothy, delle lunghe trecce castane ed una frangetta. Tutte sono Dorothy.
Si muovono ritmicamente, concentrate sulle loro scarpe, usandole come strumenti musicali, essendone possedute. Singhiozzano mentre cercano di non cadere, vittime di una danza spasmodica e dolorosa, sbattono violentemente le scarpe sul pavimento, ripetendo : "THERE'S NO PLACE LIKE HOME!", ricreano una marcia attraverso il rumore del tacco in legno sul pavimento, si alzano pian piano e cercano di afferrare qualcosa a noi invisibile, forse la mongolfiera del Mago di Oz che si libra nell'aria.
Un'ultima ragazza fa il suo ingresso da sola, cercando invano di non far capire al pubblico che le scarpette la controllano, appoggiandosi alle colonne che scandiscono lo spazio della sala in una disperata ricerca d'equilibrio e autonomia.
"Queste scarpette rosse hanno un potere magico. Una delle cose più straordinarie che hanno è che possono trasportarti in qualsiasi luogo del mondo in tre soli gesti, e ogni gesto avverrà in un batter d'occhio. Tutto quel che devi fare è battere i talloni uno contro l'altro per tre volte, e ordinare alle scarpette di portarti dove desideri."
Sembra quasi che le loro scarpette siano difettate e non funzionino come dovrebbero.
Monica Bolzoni ha collaborato con Vanessa Beecroft a diversi progetti dell'artista milanese, creando dei costumi che sono stati ripresi per le Dorothy di Fanny & Alexander: veli di cipria che rivestono la carne cercando di proteggerla con delicatezza. Anche il jersey rosso delle scarpette era stato utilizzato per la performance VB20 a Philadelphia del 1996. Dorothy, secondo la stilista, esisteva già anni fa nelle ragazze della Beecroft.
Nel libro-opera che accompagna lo spettacolo, troviamo diverse associazioni d'immagini: Judy Garland, cristallizzata nel suo ruolo di Dorothy, con le scarpette rosse di Monica Bolzoni; Dorothy e i suoi doppi nella stanza del museo archeologico di Sarsina, abbinate ad una fotografia della piccola Alice Liddell scattata dal l'adorante Carroll, la delicatezza del profilo seppia che rapisce lo sguardo; un disegno di Bellmer, che sembra rappresentare un sesso femminile deformato, accompagnato dalla medesima fotografia delle Dorothy, così come un conturbante quanto acerbo nudo di Balthus; l'ultima fotografia abbina le scarpette calzate da Dorothy e il suo vestito blu alla donna-casa di Louise Bourgeois, come per sottolineare che davvero There's no place like home. E noi siamo la casa.
[1] S. Bartezzaghi, Ada palindroma(all'Eros è sorella), in Ada,romanzo teatrale per enigmi in sette dimore, Ravenna, 2006, p.18."[...] Lo scrabble, ovvero il cruciverba in fieri e in forma di gioco da tavolo. L'archeologia dello scrabble è nella combinatoria e nell'atomismo, fra i suoi precursori si annovera - ovviamente - Lewis Carroll, nel suo funzionamento riscontriamo la semplice manipolazione degli alfabetieri scolastici.Ma mentre il tipografo parte dalla parola e trova le lettere per comporla [...] il giocatore di scrabble parte da una manciata di lettere e deve trovare una parola che potrebbe anche non esserci, o che essendoci potrebbe anche risultare inesistente (come Ada con scient). Prima di essere un cruciverbista il giocatore di scrabble è un anagrammista: prima di disporre le sue sequenze nella griglia dove incroceranno le altre sequenze, deve costruirle".
Laura Brignoli© Tutti i diritti riservati. Proibito scaricamento ed utilizzo senza autorizzazione scritta.
lunedì 8 marzo 2010
Drink me. A recipe.
"Intorno alla stanza c'erano tante porte, ma tutte chiuse a chiave; e dopo aver percorso prima un lato e poi l'altro, provando ciascuna porta, Alice venne mogia in mezzo al vestibolo, chiedendosi come fare per uscirne. Quand'ecco che s'imbatté in un tavolinetto a tre gambe, tutto di vetro massiccio: sopra non c'era altro che una minuscola chiave d'oro e Alice pensò subito che potesse appartenere a una delle porte del vestibolo; ma ahimè! O le serrature erano troppo grandi, o la chiave troppo piccina, sta di fatto che non ne aprì nessuna. Però al secondo tentativo Alice trovò una tenda bassa che prima non aveva notato, e dietro, una porticina non più alta di una quarantina di centimetri; provò la chiavetta d'oro in quella serratura, e con sua grande gioia vide che funzionava!Alice aprì la porticina è trovò che dava su un corridoietto non molto più ampio di una tana di topo; s'inginocchiò e guardò lungo il corridoio, e vide che in fondo c'era il più bel giardino che avesse mai visto."
Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie, pag. 21-23.
Si suggerisce qui la formula di tale pozione.
Per preparare DRINK ME occorrono: un'arancia, un limone, una pera, una mela, altra frutta di stagione (meglio ananas o ciliege), 250 g di zucchero di canna, due cucchiai di farina di granoturco, un litro d'acqua, biscotti di mandorla.
Preparazione: lavare, sbucciare e snocciolare la frutta e tagliarla a pezzetti, ad eccezione del limone. Mettere i pezzetti di frutta nella pentola con l'acqua e far sobbollire fino a formare una crema. Spremere il limone e versarne il succo nella pentola. Aggiungere anche lo zucchero e la scorza del limone. Portare ad ebollizione. Miscelare la farina con due cucchiai di acqua calda e aggiungerla alla zuppa che bolle mescolando tutto il tempo. Farla ancora bollire per cinque minuti o più a lungo per togliere il gusto di farina. Servire con i biscotti di mandorle.
(Ricetta tratta da Cristina Caneva, La tavola delle meraviglie. A tavola con Alice, Torino , Il Leone Verde, 2008)